lunedì 8 agosto 2016

EPISODIO 18 - E CHI SE NE FREGA - Marco Masini

Alla fine dell'episodio speciale sulle cover italiane imbarazzanti di brani internazionali, ho constatato che tutti hanno sentito la mancanza di un brano in particolare. Il brano in questione io l'avevo menzionato in una sorta di Antinferno della classifica vera e propria e questo perché avevo dato per scontato che nessuno di voi avrebbe voluto nuovamente imbattersi in questo pezzo....e invece no: tutti a dirmi che in fondo un posticino se lo meritava, che non ho voluto dedicargli una posizione perché avevo paura della sfiga ecc ecc. Beh, ricordatevi che io ho cercato di avvertirvi e di evitarvi questa agonia, ma che -d'altra parte- non mi sono mai arresa di fronte a nulla. Detto ciò, se segnalare canzoni brutte è un compito abbastanza facile io ho aperto questo blog per lanciarmi in una sfida assai più ardua: tentare di analizzarle e comprenderle, è uno sporco lavoro e non è assolutamente detto che qualcuno debba farlo, ma CHI SE NE FREGA.


E chi se ne frega è una cover dell'arcinoto brano dei Metallica: Nothing else matters: tanto amato da almeno tre generazioni di chitarristi alle prime anni per via di quell'intro che poteva essere suonato prima ancora di imparare gli accordi. Questo brano viene incluso in uno dei dischi meno fortunati di Marco Masini: Uscita di sicurezza, pubblicato nel 2001 e, sebbene abbia rovinato la vita a Masini, è opera nientepopo'dimenoche di Giancarlo Bigazzi. Molti miei coetanei potrebbero non provare particolari emozioni al leggere cotanto nome e questo perché, purtroppo, noi italiani non abbiamo memoria storica e non tributiamo abbastanza onori a chi li merita. A Bigazzi dobbiamo una grandissima fetta della musica italiana: non solo ha fatto parte degli Squallor, gruppo che - spero- non ha bisogno di presentazioni e commenti, ma ha anche collaborato alla stesura di testi cardine della storia della canzone nel nostro Paese. Citiamo en passant titoli immortali quali: Luglio, Lisa dagli occhi blu, Rose Rosse, Ti amo,  Montagne Verdi, Erba di casa mia, Gloria, Non amarmi, Gli uomini non cambiano...insomma se vi viene in mente una canzone italiana di un certo successo, molto probabilmente c'è lo zampino di Bigazzi. Beh questo era solo per dire che nel mondo delle canzoni brutte bisogna sempre stare sul chi va là, perché non ci si può fidare proprio di nessuno. Ma bando alle ciance. Eccola:


Lo so che il tempo lo sa
che siamo nascosti qua
in fuga dalla realtà
ma chi se ne frega.

La strofa è tenuta insieme dalla rima tronca in a e dall'uguaglianza sillabica dei primi tre versi. Il senso è ancora chiaro: l'autore è in compagnia di qualcun altro e i due cercano un rifugio, un'evasione della realtà. Sono, però, consapevoli che prima o poi il tempo (il mondo reale che obbedisce alle leggi della logica e del fluire del tempo) impedirà la loro fuga.

L'iguana dei passi tuoi
il tuo inguine di viva orchidea
dove annegano gli occhi miei
e il tempo si ambigua.

Venendo meno la rima (è molto debole perché richiamata in modo alternato solo dalle vocali finali), la strofa ha bisogno di un suono allitterante per tenersi insieme e l'autore opta per la G gutturale, obbligandosi ad utilizzare termini come iguana/inguine/annegano/ambigua. Ma questi termini sono lì a caso? Solo per discutibili ragioni stilistiche? A primo impatto sembrerebbe di si. Tuttavia potremmo fare uno sforzo interpretativo e leggere queste frasi riallacciandole alle descrizioni che nell'alta poesia si fanno della donna amata: non è inusuale che la tradizione poetica accosti alle figure femminili immagini animalesche (un esempio su tutti: A mia moglie, Saba) o vegetali (basti citare La pioggia nel pineto, D'Annunzio). Questo perché la donna rappresenta per molti poeti un simbolo della natura,  sia nel suo aspetto materno e rassicurante, sia in quello erotico e selvaggio. Ciò non toglie che quel tempo che si ambigua (lo stesso tempo che nella strofa precedente lo sapeva) continua a lasciarmi perplessa, ma forse è una speranza: se riuscissimo ad ingannare il tempo, potremmo restare fuori dal mondo.

 Io da qui non mi muovo più
abbracciato a una croce, tu
mentre il sole riallaga il blu
e chi se ne frega

Questa strofa (rima baciata in u accentata) confermerebbe l'interpretazione di quella precedente, ribadendo il concetto: le donna amata potrebbe rappresentare per il poeta l'unica strada percorribile per restare in questo limbo di irrealtà nonostante il sopraggiungere dell'alba (il sole riallaga il blu).

Voglio quello che vuoi tu
voglio il tempo che non ho
e l'avrò

Il tempo è l'elemento ricorrente del brano: prima rappresenta il problema da cui scappare, l'ostacolo da superare...per poi accorgersi che se ne ha bisogno ma che ci vuole più coraggio a cambiare la realtà che a sfuggirla.
il tempo ai cani e la polizia
spara ansia e dietrologia
fà che insegua la nostra scia
e chi se ne frega

L'immagine del tempo che rincorre assume maggiore concretezza: ora è rappresentato come una squadra di polizia con tanto di segugi, pronti a chiedersi il perché del loro sconsiderato gesto di fuga, ma senza capirlo veramente (ansia e dietrologia). Ma i due non sembrano preoccuparsene troppo.

Io da qui non mi muovo più
neanche se te ne andassi tu
su quest'erba che guarda in su
e sembra che prega.
Voglio quello che vuoi tu
voglio quello che vorrai
voglio vivere di più
voglio il tempo che non ho 
e l'avrò

Ora...io ci metto tutta la buona volontà: ci provo a prendere un testo che parla di iguane, orchidee e cani poliziotto e a renderlo credibile come testo poetico, ci provo a dare un senso alle simbologie oniriche, a contestualizzare i deliri da LSD di un paroliere che segue i metodi di lavoro di uno sceneggiatore de I Griffin, io ce la metto davvero tutta. Poi arriva un prega al posto di un preghi e vedi con lampante chiarezza l'assoluta vanità di tutti i tuoi sforzi. Forse è tutto un equivoco: forse quello da cui il poeta sta scappando me di cui ha bisogno non è un tempo, ma un modo: il CONGIUNTIVO!




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