venerdì 19 agosto 2016

EPISODIO 19: ANDIAMO A COMANDARE - Fabio Rovazzi

Alle soglie dell'ultima decade di agosto io inizio a tirare le somme di queste vacanze: Si sa che da sempre l'accoppiata estate/musica offre tantissimi spunti di riflessione. Per molti di noi l'estate è un momento di svago (Un'estate al mare - Giuni Russo), di sport estremi (Pinne, fucile ed occhiali - Edoardo Vianello), di dubbi amletici (Ignudi fra i nudisti - Elio e Le Storie Tese), di rimpianti (L'estate sta finendo - Righeira), di disagio (Odio l'estate - Martino Bruno) eccetera eccetera... Insomma ognuno attribuisce alla bella stagione la propria sfumatura e accorda i pomeriggi assolati alle armonie del proprio animo. Almeno così dovrebbe essere, ma non sempre è possibile: puntualmente laggentechehailpotere (Sveglia, sveglia!), ossia quel pericoloso clan formato da meschini capovillaggi, animatori, gestori di bar e discoteche e preadolescenti invasati, pretende di decidere quale sarà il vostro umore per tutta l'estate. E questa estate ha due sole sfumature: Sofia - Alvaro Soler e Andiamo a comandare (Fabio Rovazzi). Ora, per pudore tralascerei per un attimo i ritmi latini e passerei al fenomeno della primavera-estate 2016.


Fabio Rovazzi è un ragazzo di Lambrate che ha talento nel videomaking e molta autoironia. Il suo successo stratosferico prende le mosse dallo zoccolo duro degli Axfedisti  che ha alle spalle (i seguaci di J-Ax e Fedez), cui aggiunge una manciata di pseudoindie convertiti ala nobile arte del trash. La sua canzone è apparentemente un motivetto orecchiabile e sconclusionato...ma non è solo questo! Ormai lo sapete che non è mai "solo" questo! Passiamo all'ascolto:
             
                                                      ANDIAMO A COMANDARE

Ma guardi Signor Rovazzi
Ho in mano qua la sua cartella
E devo dirle che tra tutti i valori
Le è salito l'andare a comandare...
Mi spiace

L'imbarazzante cameo di Fedez nel video di Rovazzi è  in realtà un chiaro riferimento all'inferno dantesco, ma andiamo con ordine: Nel video del singolo Non c'è due senza trash, Fedez aveva costretto il povero Rovazzi a interpretare la parte di un ignavo dell'antinferno - facendolo correre nudo e senza motivo - con la scusa di citare i Blink di What's my age again?. Qui Rovazzi si vendica facendo interpretare a Fedez un inquietante Minosse che diagnostica la pena attorcigliando lo stetoscopio. Ma restiamo sul pezzo:

Ho un problema nella testa funziona a metà
Ogni tanto parte un suono che fa
 (musica da ballare con le mani in aria)
E ogni volta che mi parte, situa imbarazzante
Come quella volta che stavo al ristorante e
"Posso offrirti da bere?"
Lei dice
"Va bene"
Solo che quando le passo il bicchiere
(vedi sopra)

Rovazzi ci parla di un disturbo molto delicato e ancora poco studiato: una semiparesi cerebrale che causa allucinazioni sonori e crisi epilettiche. Purtroppo questa patologia rende più difficile al nostro amico rapportarsi con il mondo e in particolare con il gentil sesso. Per un approfondimento su questioni delicate come queste consiglierei ai nostri lettori di recuperare l'episodio dedicato a Io SONO UNA SEDIA, di Juda Stronzlover, che rappresenta la felice testimonianza di chi, tra mille difficoltà, è riuscito ad accettare i propri deficit e a ritrovare un'identità sociale. Stilisticamente apprezziamo l'introduzione del discorso diretto e l'utilizzo di abbreviazioni (situa per situazione) che danno una connotazione giovanile e spontanea all'intero brano.

È una malattia
È pericolosa
Statemi lontano, è contagiosa!

Informare e promuovere la prevenzione è importante. Rovazzi ha provato ad avvisarci ma il suo messaggio è stato ignorato dalla ggentechehailpotere di cui sopra ed ora pagheremo i rischi del contagio.(Oltre a quelli  causati da rettiliani, antivaccinisti, antibioticodipendenti e fruttariani: è veramente un mondo difficile).

Non so se son pazzo
O sono un genio
Faccio i selfie mossi
Alla Guè Pequeno
Non mi fumo canne
Sono anche astemio
Io non faccio brutto
Ma...

Il riferimento a Gue Pequeno nasconde una riflessione profondissima sulla società attuale. L'aneddoto è questo: due youtubers incontrano per strada il rapper, di cui sono fan e chiedono un selfie. Per tutta risposta il rapper fa quello che i rapper devono fare per contratto: fare lo stronzo, essere scorbutico, avere la faccia da cattivo, sopravvivere al Bronx, scattare la foto senza preoccuparsi di come sia venuta ecc ecc. I due youtubers ci restano molto male e sputtanano pubblicamente l'arroganza di Gue. Morale della favola: Quando gli uomini con i followers incontrano un uomo con i fan, l'uomo con i fan è un uomo mosso! Per il resto Rovazzi prende posizione su temi scottanti: è contrario a quegli atteggiamenti autodistruttivi che i giovani di ogni decade mettono in atto per esprimere il loro sentimento di ribellione: lui ci insegna che l'anticonformismo può passare per altri canali. Concetto, tra l'altro, già espresso da Fedez in una canzone che qui viene elegantemente citata (Faccio brutto, ndr).

Col trattore in tangenziale
Andiamo a comandare
Scatto foto col mio cane
Andiamo a comandare
In ciabatte nel locale
Andiamo a comandare
Sboccio acqua minerale...

Ed eccoci al fulcro del tormentone dell'estate, l'inno all'anticonformismo che ha infiammato le piste da ballo negli ultimi 4 mesi, il manifesto del partito fancazzista e molto, molto di più. Il trattore in tangenziale è una chiara metafora delle contrapposizioni più interessanti del nostro tempo: lentezza/velocità, campagna/città, lavoro/ozio, utilità/status symbol...senza contare che si cita en passant anche il giallo di Avetrana, uno dei casi più inquietanti degli ultimi palinsesti. Il riferimento alle foto con il cane, invece, può essere letto come un invito al rispetto per gli animali: un monito a non abbandonarli per strada durante l'estate. Ricordiamoci che gli animali non hanno nessuna colpa e checché se ne dica...né cani e né porci hanno mai inciso hit dell'estate! Le ciabatte nel locale rappresentano la rivendicazione della propria individualità, la non accettazione alle regole del buon o del malcostume. Qui si prende posizione sull'attuale questione burkini e lo si fa a favore della libertà del singolo e di un sano rapporto con il proprio corpo, non vincolato a questioni religiose o di genere.Sull'acqua minerale...beh che dire? è un'evidente provocazione: una critica a tutti quei servizi dedicati dai telegiornali mediaset alla problema della sopravvivenza alla calura estiva. Insomma, Rovazzi fa un vero e proprio riassunto della contemporeneità che utilizza globalizzazione e disinformazione per poter "andare a comandare".


E ho la testa che gira, come il kebab
Spengo la musica dentro il tuo club

 A rafforzare quanto detto finora, si aggiunge la bellissima immagine del kebab che diventa metafora di un pianeta che gira se stesso senza requie e che spera di salvarsi dall'autodistruzione.

"Rovazzi, ma che cazzo fai!?"

 Ecco, al di là di quanto detto finora...direi che questo è esattamente quello che ci chiediamo un po' tutti.

lunedì 8 agosto 2016

EPISODIO 18 - E CHI SE NE FREGA - Marco Masini

Alla fine dell'episodio speciale sulle cover italiane imbarazzanti di brani internazionali, ho constatato che tutti hanno sentito la mancanza di un brano in particolare. Il brano in questione io l'avevo menzionato in una sorta di Antinferno della classifica vera e propria e questo perché avevo dato per scontato che nessuno di voi avrebbe voluto nuovamente imbattersi in questo pezzo....e invece no: tutti a dirmi che in fondo un posticino se lo meritava, che non ho voluto dedicargli una posizione perché avevo paura della sfiga ecc ecc. Beh, ricordatevi che io ho cercato di avvertirvi e di evitarvi questa agonia, ma che -d'altra parte- non mi sono mai arresa di fronte a nulla. Detto ciò, se segnalare canzoni brutte è un compito abbastanza facile io ho aperto questo blog per lanciarmi in una sfida assai più ardua: tentare di analizzarle e comprenderle, è uno sporco lavoro e non è assolutamente detto che qualcuno debba farlo, ma CHI SE NE FREGA.


E chi se ne frega è una cover dell'arcinoto brano dei Metallica: Nothing else matters: tanto amato da almeno tre generazioni di chitarristi alle prime anni per via di quell'intro che poteva essere suonato prima ancora di imparare gli accordi. Questo brano viene incluso in uno dei dischi meno fortunati di Marco Masini: Uscita di sicurezza, pubblicato nel 2001 e, sebbene abbia rovinato la vita a Masini, è opera nientepopo'dimenoche di Giancarlo Bigazzi. Molti miei coetanei potrebbero non provare particolari emozioni al leggere cotanto nome e questo perché, purtroppo, noi italiani non abbiamo memoria storica e non tributiamo abbastanza onori a chi li merita. A Bigazzi dobbiamo una grandissima fetta della musica italiana: non solo ha fatto parte degli Squallor, gruppo che - spero- non ha bisogno di presentazioni e commenti, ma ha anche collaborato alla stesura di testi cardine della storia della canzone nel nostro Paese. Citiamo en passant titoli immortali quali: Luglio, Lisa dagli occhi blu, Rose Rosse, Ti amo,  Montagne Verdi, Erba di casa mia, Gloria, Non amarmi, Gli uomini non cambiano...insomma se vi viene in mente una canzone italiana di un certo successo, molto probabilmente c'è lo zampino di Bigazzi. Beh questo era solo per dire che nel mondo delle canzoni brutte bisogna sempre stare sul chi va là, perché non ci si può fidare proprio di nessuno. Ma bando alle ciance. Eccola:


Lo so che il tempo lo sa
che siamo nascosti qua
in fuga dalla realtà
ma chi se ne frega.

La strofa è tenuta insieme dalla rima tronca in a e dall'uguaglianza sillabica dei primi tre versi. Il senso è ancora chiaro: l'autore è in compagnia di qualcun altro e i due cercano un rifugio, un'evasione della realtà. Sono, però, consapevoli che prima o poi il tempo (il mondo reale che obbedisce alle leggi della logica e del fluire del tempo) impedirà la loro fuga.

L'iguana dei passi tuoi
il tuo inguine di viva orchidea
dove annegano gli occhi miei
e il tempo si ambigua.

Venendo meno la rima (è molto debole perché richiamata in modo alternato solo dalle vocali finali), la strofa ha bisogno di un suono allitterante per tenersi insieme e l'autore opta per la G gutturale, obbligandosi ad utilizzare termini come iguana/inguine/annegano/ambigua. Ma questi termini sono lì a caso? Solo per discutibili ragioni stilistiche? A primo impatto sembrerebbe di si. Tuttavia potremmo fare uno sforzo interpretativo e leggere queste frasi riallacciandole alle descrizioni che nell'alta poesia si fanno della donna amata: non è inusuale che la tradizione poetica accosti alle figure femminili immagini animalesche (un esempio su tutti: A mia moglie, Saba) o vegetali (basti citare La pioggia nel pineto, D'Annunzio). Questo perché la donna rappresenta per molti poeti un simbolo della natura,  sia nel suo aspetto materno e rassicurante, sia in quello erotico e selvaggio. Ciò non toglie che quel tempo che si ambigua (lo stesso tempo che nella strofa precedente lo sapeva) continua a lasciarmi perplessa, ma forse è una speranza: se riuscissimo ad ingannare il tempo, potremmo restare fuori dal mondo.

 Io da qui non mi muovo più
abbracciato a una croce, tu
mentre il sole riallaga il blu
e chi se ne frega

Questa strofa (rima baciata in u accentata) confermerebbe l'interpretazione di quella precedente, ribadendo il concetto: le donna amata potrebbe rappresentare per il poeta l'unica strada percorribile per restare in questo limbo di irrealtà nonostante il sopraggiungere dell'alba (il sole riallaga il blu).

Voglio quello che vuoi tu
voglio il tempo che non ho
e l'avrò

Il tempo è l'elemento ricorrente del brano: prima rappresenta il problema da cui scappare, l'ostacolo da superare...per poi accorgersi che se ne ha bisogno ma che ci vuole più coraggio a cambiare la realtà che a sfuggirla.
il tempo ai cani e la polizia
spara ansia e dietrologia
fà che insegua la nostra scia
e chi se ne frega

L'immagine del tempo che rincorre assume maggiore concretezza: ora è rappresentato come una squadra di polizia con tanto di segugi, pronti a chiedersi il perché del loro sconsiderato gesto di fuga, ma senza capirlo veramente (ansia e dietrologia). Ma i due non sembrano preoccuparsene troppo.

Io da qui non mi muovo più
neanche se te ne andassi tu
su quest'erba che guarda in su
e sembra che prega.
Voglio quello che vuoi tu
voglio quello che vorrai
voglio vivere di più
voglio il tempo che non ho 
e l'avrò

Ora...io ci metto tutta la buona volontà: ci provo a prendere un testo che parla di iguane, orchidee e cani poliziotto e a renderlo credibile come testo poetico, ci provo a dare un senso alle simbologie oniriche, a contestualizzare i deliri da LSD di un paroliere che segue i metodi di lavoro di uno sceneggiatore de I Griffin, io ce la metto davvero tutta. Poi arriva un prega al posto di un preghi e vedi con lampante chiarezza l'assoluta vanità di tutti i tuoi sforzi. Forse è tutto un equivoco: forse quello da cui il poeta sta scappando me di cui ha bisogno non è un tempo, ma un modo: il CONGIUNTIVO!