domenica 12 febbraio 2017

EPISODIO 22: IL PEGGIO DI SANREMO 2017


Cari amici trashisti, come sapete per me il mese di febbraio ha un senso solo per via del Festival di Sanremo: lo aspetto trepidante perché è l'unico momento dell'anno in cui il mio interesse per le canzoni brutte non solo viene socialmente accettato, ma viene anche legittimato da campagne mediatiche e isterismi collettivi. Durante i giorni di Festival in molti mi chiedevano dei commenti e dei pareri, ma essendo una professionista, ho preferito aspettare che le canzoni sedimentassero un minimo nella mia mente, perché è facile riconoscere al primo ascolto una canzone bella, ma con quelle brutte è sempre più difficile.



A qualche ora dalla fine dei giochi, però, posso finalmente condividere con voi le mie riflessioni. Ecco la classifica delle più belle canzoni brutte di Sanremo 2017. Ovviamente queste non sono tutte le canzoni brutte di Sanremo, e forse non sono neanche le più brutte....ma sono quelle che  meritavano un po' di attenzione e di analisi testuale:

6) TOGLIAMOCI LA VOGLIA (Raige e Giulia Luzi)

E' un peccato dover inserire questa canzone in classifica...perché le premesse erano ottime...infatti sicuramente di questo brano dovremmo apprezzare la struttura innovativa ed eccentrica: è il primo caso di canzone-indovinello sul palco dell'Ariston:

Cosa c’è che non hai che vorresti avere
Cosa c’è che ti vuole e lo lasci andare
Cosa c’è che ti tocca e non puoi toccare
Cosa c’è che ti frena e c’è da saltare.

L'unica nota negativa (no, scherzo...di note negative nella canzone ce ne sono parecchie!) è che non sono riuscita ancora a risolverlo...ma si accettano suggerimenti nei commenti!

 5) DO RETTA A TE (Nesli & Alice Paba) 

La mia amica Sabrina non la prenderà troppo bene ma tra le canzoni brutte di questa edizione c'è sicuramente il duetto tra il suo adorato Nesli e la giovanissima Alice Paba. Non tanto per il testo in sé e per sé, quanto per la fastidiosissima fiera di U tronche nel ritornello: parliamoci chiaro: non ci sono tutte queste U neanche nel lessico di un bambino di 16 mesi (che di solito è un tripudio di tutù, pupù e cucù):

Tuuuuuuu
se questo è il senso lo sai tuuuuuuu
Quello che cerco non c'è piùùùùùùùùùù
Restare uniti in questa vita e ricomincia quando è già finita
Tuuuuuuuuuuu
dicevi non ci penso piùùùùùùùùùùùùùù
Volevi il cielo sempre bluuuuu
la notte è lunga un giorno e io non torno mai, do retta ai guai che mi hai dato
(indovinate chi? esatto!)
tuuuuu


4) IL CIELO NON MI BASTA (Lodovica Comello)

In realtà non è una canzone oggettivamente brutta (c'è di peggio, o di meglio...che dir si voglia), ma ci sono tre elementi che ledono gravemente il mio già fragile sistema nervoso:
1) I gorgheggi che starebbero bene solo in un cartone Disney stile Mulan (ringrazio la mia amica Anna per aver colto l'assonanza al primo ascolto)
2) La frase: giusto il tempo di farci male e andare via di schiena...perché dovrebbe essere chiaro che l'unico che può andarsene via di schiena in una canzone è Claudio Baglioni (Mille giorni di te e di me, ndR)
3) La semplice constatazione che la deriva dell'ambizione umana ci ha portato dal non voglio mica la lunail cielo non mi basta. Ridimensioniamoci un attimino, su!

3) LA PRIMA STELLA (Gigi D'Alessio)

Appena ho letto il suo nome tra i partecipanti al Festival mi sono accesa d'emozione: mi aspettavo grandi cose da lui e diciamo che ha soddisfatto le mie previsioni: poteva fare di meglio, certo, ma il podio non glielo toglie nessuno. Questa canzone - così come quella di Albano -  riassume bene alcuni luoghi comuni e banalità tipiche di un certo modo di scrivere testi. Qui, ad esempio, si parla del ricordo di una persona scomparsa e si tirano in ballo le rughe, gli anni che passano, le fotografie da accarezzare, i sogni da inseguire, le stelle accese ecc ecc (NB. A breve su questi schermi un approfondimento sul tema dell'astrologia e della meteorologia nella canzoni di D'Alessio). Tuttavia qui la situazione si complica perché la canzone entra a far parte di una sottocategoria molto precisa che è quella della cosiddetta canzone oculistica: Aveva iniziato Renato Zero con "ti darei gli occhi miei per vedere ciò che non vedi" ed era riuscito a rendere bene un concetto molto poetico e delicato. A rovinare il tutto, però, ci avevano già provato i Sonohra con "l'unica certezza è gli occhi che io ho di te". Ora Gigi rincara la dose con il suo "Vorrei gli occhi tuoi nei miei"...ed io potrei commentare in mille modi ma non aggiungerei nulla a quello che dissero gli Elio e Le Storie Tese proprio ai Sonohra nel corso del dopofestival più bello della storia..e cioè: "Tutta questa gente con gli occhi degli altri...Perché?"

2) DI ROSE E DI SPINE (Albano)

Premessa: io solitamente sono abbastanza fiduciosa nella statistica ma la lunghissima carriera musicale di Albano e l'assoluta assenza di brani interessanti nel suo repertorio, mi porta a rimettere in discussione questa scientifica certezza. Detto ciò, per me questa canzone è particolarmente interessante perché si presta ad essere usata addirittura a scopi didattici: potrebbe essere considerata la canzone manifesto di un'epoca, la summa dei cliché delle canzoni d'amore sanremesi. Infatti nella canzone d'Albano ci sono le parole cuore e amore, si paragona l'amore ad una rosa con le spine,  ad un mare infinito, ad un sole che non tramonterà, ad un fuoco che non si spegnerà, ad una vita che non basterà... e un sacco di altre cose che finiscono in A accentata, tipo che l'amore non si fermerà, combatterà, vincerà, resterà, ballo del qua qua e via discorrendo! 



1) NEL MEZZO DI UN APPLAUSO (Alessio Bernabei)

Piazzo questa canzone al primo posto della classifica delle canzoni brutte di Sanremo perché mi preme portare l'attenzione su un tema sociale. Sinceramente mi ha sconvolto sapere che questa canzone non abbia destato particolari clamori e inquietudini dal momento che mi sembra chiaramente contenere le confessioni di uno stalker/maniaco sessuale. Leggiamola insieme... inizia così:

Stanotte ho aperto
Uno spiraglio nel tuo intimo
Non ho bussato
Però sono entrato piano.

A questo punto, il cantante - evidentemente respinto dall'amata - si dice:

Aspetterò che tu ti senta un po’
Più al sicuro,
Nel frattempo ti canto
Una canzone al buio.

Davvero un'ottima strategia Signor Bernabei. Complimenti.

Forse ci sarebbe altro da dire ma domani è lunedì e questa magica settimana sanremese volge al termine. Grazie Sanremo, grazie Liguria, grazie Italia. Per qualche giorno mi sono sentita una persona normale...e tutto questo lo devo a voi! 


giovedì 12 gennaio 2017

EPISODIO 21: IO SONO MIO PADRE - Wecherù

Cari amici musicofili e musicantropi, dopo i bagordi di capodanno - rigorosamente trash (vedi EPISODIO 20) - questo 21 esimo episodio è una puntata sui generis, un po' quello che in gergo giovanile si definirebbe un off topic: contrariamente al solito, sarà infatti dedicato alla recensione di un intero CD e non di un singolo brano. Inoltre farà a meno delle mie solite analisi testuali per il semplice motivo che di testi non ne abbiamo.  Io sono mio padre è il titolo (di vaga starwarsiana memoria, per giunta!) di un mini album: 6 tracce strumentali in cui il protagonista assoluto è un handpan che di volta in volta si lascia impreziosire dall'arpa celtica, dal pianoforte, dal violino, dal violoncello. Potrei raccontare un sacco di storie poetiche ed affascinanti sui motivi per i quali ho deciso di recensire questo disco: potrei raccontarvi che la magia di ritmi ancestrali e poetici ha scosso il mio animo cinico o che le melodie evocanti natura e posti esotici hanno scaldato la mia voglia di musica bella, che poi è sempre il punto di partenza per l'analisi di quella brutta...potrei raccontarvi tutto questo, senza neanche mentire...ma preferisco dirvi esattamente come è andata:

Wecherù è un musicista che spero vi verrà voglia di conoscere, ma è anche Enrico, o semplicemente "Enrì": protagonista leggendario delle peggiori bravate che possiate immaginare, casinista con pochi rivali, con un passato da batterista-rumorista, entusiasta giocatore di risiko, padre fondatore del Pasquettesimo e del Ferragostismo in comitiva...nonché uno dei pochi per i quali rischio ancora la gastrite in interminabili scambi di vedute in cui - ovviamente - alla fine ho sempre ragione io, ma lui non se ne accorge.

Per farvela breve, questo iperattivo figlio di Satana mi chiama dicendomi:

"Visto che ormai sei un'esperta di musica brutta...che ne diresti di recensire il mio cd?".

E ad una lusinga del genere non potevo che farmi corrompere.


Ovviamente recensire il lavoro di un amico è difficile: c'è il rischio di non essere oggettivi (e non per forza in positivo, aggiungerei) ma qui è stata chiamata in causa l'Elisabetta esperta di canzoni brutte..dunque sono soggetta al  severissimo codice deontologico dei blogghisti della domenica....pertanto farò appello a tutta la mia professionalità, pena la forca. (Senza contare che - parafrasando gli EELST -   la legge prevede una pena aggiuntiva per questo reato: l'ascolto forzato di ecc ecc...).  Per capire di cosa stiamo parlando, potrete ascoltare alcuni dei brani contenuti nel disco direttamente su questa pagina facebook...


ma, se proprio volete essere dei bravi bambini...sto disco ACCATTATIVILL'!. . E ora passiamo alle cose serie: io non sono un'esperta di musica e il mio unico talento è quello di essere un'attenta ascoltatrice. Non sono un critico musicale e non mi sognerei mai di esserlo, anche perché in fondo la cosa bella della musica è che possono capirla tutti. Proprio tutti. A patto di essere disposti di assecondare  e capire le proprie sensazioni durante l'ascolto...ed è quello che ho cercato di fare ascoltando le tracce di Io sono mio padre:

1) Tay- Scioguup

A mio modestissimo parere, questo brano è uno degli anelli deboli del disco: di solito l'entrée dovrebbe lasciar pregustare l'atmosfera delle tracce seguenti, questa invece mi pare non renda giustizia al resto. La mia sensazione è quella di un bambino che si trova di fronte ad un giocattolo nuovo e inizia a studiarlo, sperimentarlo, tormentarlo...per capire cosa possa venir fuori. Questo potrebbe non essere il risultato migliore...ma quando un bambino inizia a capire come funzionano i giocattoli...non lo fermate più!
2)RoseSunrise

Una canzone d'amore delicata, ma allegra, per una donna importante, la più importante. L'atmosfera che percepisco è quella di una mattina assolata...che albeggia timida ma che si rivela effervescente.  L'affettuoso ringraziamento di un figlio a una madre che inizia in punta di tasti (di pianoforte) e nel tragitto acquista velocità, come se quel bambino di cui sopra stesse affrontando il passaggio dal dover essere cullato al dover essere rincorso, sgridato, fermato...ma non troppo, si intende.

3)Sognando

I sogni ci appartengono: sono il modo che il nostro io più profondo sceglie per comunicare con la superficie e viceversa. Tuttavia di questa comunicazione riusciamo a percepire solo dei frammenti i confusi a partire dai quali cerchiamo di tenere insieme qualcosa di impalpabile eppure estremamente concreto: qualcosa di simile ad una melodia che non ha niente di logico o razionale, ma che cerca disperatamente di tenere a mente sensazioni spontanee, forse inconsce... Sognando a me restituisce la sensazione del confine...come quando, da svegli, cerchiamo di ricordare il sogno appena dissolto.

4)The last night in Doolin

E' stato ascoltando questo brano che ho deciso che avrei acconsentito a snaturare (solo per questo episodio, sia chiaro!) la filosofia del mio blog: è un pezzo bellissimo, una tradizionale ballad irlandese riarrangiata per handpan e arpa celtica. Io ci sento dentro prati, cieli e scogliere, ragazze con gli occhi verdi e affusolati, una manciata di stereotipi, un po' di birra e tanto, tanto oceano freddo e spumoso. Ora non voglio fare la poetessa smielata da quattro soldi...ma diciamo che è una di quelle canzoni che ti fanno venire voglia di cliccare Bologna-Dublino sul sito della Rayanair! 

5)Arabian Calabrian

La terra di Calabria avrebbe mille storie da raccontare: presenze greche e romane, bizantine e normanne. In questo brano si racconta il mescolarsi di ritmi arabi, suggestioni calabre e viceversa. Za'tar e peperoncino: Non siamo poi così diversi. Non siamo poi così lontani. Non siamo poi così cattivi.

6)Knockardaking

Poco lontano da Doolin, ci sono le scogliere di Moher di cui Knockardaking è il precipizio più profondo. Il punto che i romantici avrebbero definito "sublime", la maglia nella rete in cui la bellezza della natura si aggancia alla sua forza devastatrice: troppo grande per essere controllata, troppo profonda per tener conto dell'ostinata, ridicola prepotenza degli uomini. Forse con un titolo del genere mi sarei aspettata qualcosa di più prepotente... invece si tratta di un pezzo con un ritmo allegro e spensierato che però procede acquistando velocità, come un tamburello che, lanciato da Knockardaking, si tuffa nell'oceano. 

domenica 1 gennaio 2017

EPISODIO 20: CAPODANNO TRASH - Immortadell

Dopo il lungo silenzio dovuto alla censura della casta, ai poteri occulti, ai signori della guerra e ai re che spadroneggiavano su una terra in tumulto, finalmente ho il tempo (giornata di recupero post sbronza) e il modo (il pc di mia madre) per aggiornare il blog. E come tutti i ritorni, anche questo deve essere in grande stile: La puntata è dedicata al capodanno, a questa giornata carica di bellissima energia, di spumante, zamponi&lenticchie e liste di buoni propositi. Capodanno trash è il titolo del brano, gli autori sono gli Immortadell. Invece di parlarvi di loro facendo un copia-incolla delle notizie trovate sul web, vi rimando direttamente alla loro pagina facebook e vi invito a scoprirli aggiungendo semplicemente che poche volte ascoltando una band ho avuto la sensazione che divulgare i loro brani fosse una missione, e questo è esattamente uno di quei casi. Ovviamente non vorrei fare paragoni azzardati ed eccessivamente lusinghieri, ma alcune delle loro canzoni (segnalo Spermatozombie) potrebbero trovare un dignitoso posticino in una playlist a base di Squallor, Atroci e Prophilax.
 
 
 
In questo caso ho deciso che non farò una traduzione letterale del brano, ma mi limiterò a impostare una sorta di parafrasi perché non vorrei mai banalizzare la forza espressiva ed espressionistica di questo capolavoro del trashmetal. Ora sedetevi, respirate e premete play.
 
 
CAPODANNO TRASH
 
mamm e quand è tog
staser ijm au cenon
tutti nzim all'amic
facim a ricotta sopr a e uaglion
c'assettam au tavulin e c magnmm u zampon
u zampon chi lenticchij,
sgurruttjam vevenn a peron
e po tutt au cess a vumcà u capiton
 
Che meraviglia: stasera andremo al cenone, apprezzeremo la compagnia degli amici e soprattutto delle amiche. Siederemo a tavola gustando i cibi della tradizione e bevande locali. E mostreremo in maniera inconfondibile di aver gradito gli uni e le altre.
 
mamm che capodann
finch' arriv u spumant
c'ambriac'm a caten
nun capim chiù nu cazz
zumbam sop i tavul
cu pingon'n man
 
La festa inizia a decollare e iniziamo a lasciarci andare all'allegria e a toccare con mano la nostra soddisfazione personale.
 
mendr l'at vann a ballà
sputam aind ai piatt
d chi c stac sop u cazz
è arruata a mezzanott
un,duji e tre rintocc
augurij a te e a mammt
a padt, a sort, a ziant,
a quanda chitestramurt ca tin!
 
Mentre gli altri ballano, noi risolviamo alterchi in maniera matura ed equilibrata. Allo scoccare della mezzanotte ci prodighiamo nei consueti auguri "a te e in famiglia", senza dimenticare nessuno. Proprio nessuno.
Mamm che trash d capodann
u ciann è bell madonn!
 
Perbacco: quante emozioni in questo capodanno sopra le righe! Ricordiamoci sempre di apprezzare le cose belle della vita che sono il vero motore del mondo.