domenica 8 maggio 2016

EPISODIO 17: ENZA - Gianni Ciardo

L'episodio che vi propongo oggi voglio dedicarlo a Sabrina: un'amica speciale che negli anni mi ha insegnato tantissime cose e alla quale devo l'incontro con questa canzone.Si tratta di un pezzo che è qui soltanto perché nel mondo della musica convenzionale non ha avuto il giusto spazio: secondo me è uno dei brani più belli della musica italiana contemporanea. Siamo nel 1993 e se Rai Uno trasmetteva La Piovra, la pugliese Telenorba proponeva Il Polpo: divertente satira di una fiction con i controcavoli (mica pizza, fichi o Il Segreto). Una delle sigle finali de Il Polpo era Enza.




L'autore è Gianni Ciardo, artista poliedrico (attore, cabarettista, musicista) che ha contribuito a dare lustro a quella magnifica regione che è la Puglia e che nella sit-com interpretava l'affascinante personaggio del Commissario Ciambotto. "Enza" può essere inserita nella tradizione del "planctus", ossia quel tipo di componimento poetico ispirato dal dolore per la perdita di una persona particolarmente importante. Armatevi di fazzoletti e ascoltatela:

E ora cerchiamo di analizzarla:

Ricordo quella sera quando che morì mia moglie
che mi lasciò da solo come la sposa di Ceglie
ero io col brigadiere Saragot e il mio dolore
lei si fece bianca bianca come un frabbicatore
il dottore disse "presto, questo è un caso disperato"
ma poi aggiunse "è proprio morta e se lo prende in faccia al naso"
perché era morta, era morta Enza.

Il lavoro dell'esegeta è un lavoro veramente duro. Se i poeti invocano il sostegno delle Muse, io non posso far altro che affidarmi alla mia curiosità e alla vasta cultura dei miei lettori che spero interverranno nei commenti.  In questo caso, infatti, ci troviamo di fronte ad un testo che rivendica con orgoglio la sua origine pugliese: il quando che è un regionalismo che riesce, fin dall'inizio, a catapultarci nella semplice e devastante quotidianità del dolore. Anche il tema dell'abbandono viene reso con un'immagine particolarmente folklorica: si menziona, infatti, la "zita di Ceglie", sfortunata sposa di Ceglie del Campo abbandonata sull'altare in epoca fascista da un militare barese. (Gli appassionati di letteratura troveranno imbarazzanti connessioni tra La donna del tenente francese di John Fawles e la zita del militare barese, ma questa è un'altra storia). Se il riferimento al brigadiere Saragot è facilmente spiegabile (si tratta di un personaggio della sit-com), più difficile è, per una calabrisella come me, interpretare quel "frabbicatore": fonti abbastanza autorevoli (un video di adolescenti su youtube) mi suggeriscono che nel barese un frabbicatore sia un muratore o un imbianchino (Cosa che spiegherebbe la similitudine con il pallore dalla defunta), ma attendo indicazioni dagli amici frabbicatori. Questa descrizione ansiogena culmina con l'infausta notizia: siamo informati (o meglio, prendiamo in faccia al naso) della tragica morte di Enza.


Enza, che fine hai fatto?
Enza, perché sei morta?
Enza, sei fredda fredda,
Enza, su dammi adenza, Enza
Vincenza, per fare prima Enza.

L'anafora sul nome Enza contribuisce a creare l'atmosfera di angoscia che ci coglie quando ci rendiamo conto di quanto sia effimero il nostro passaggio sulla Terra. La morte ha privato Enza del suo calore vitale, le impedisce di dare "adenza", dunque di partecipare alle vicende di chi è ancora in vita. Risulta particolarmente struggente il coretto (Vincenza, per fare prima Enza) che ci dà ulteriori informazioni sulla defunta: il suo nome per esteso era Vincenza: il soprannome serviva a risparmiare tempo..ma nessuno poteva immaginare che il tempo non le sarebbe comunque bastato. 

Poi tutti quei parenti giunti per i funerali
svaligiarono le casse che c'avevo di Peroni
"se l'è chiamata Cristo" disse triste quel tuo zio
che se tocca un'altra birra adesso a lui lo chiamo io
il prete chiese a Dio di ospitarti nei suoi cieli
visto che quando eri in vita non ti volevano neanche i cani a te. Enza.

La struttura è quella di una serie di versi liberi collegati da una rima baciata, spesso imperfetta. Quasi a voler sottolineare il nostro umano tentativo di inserire la vita in degli schemi che continuano a sfuggirci.
L'atmosfera di lutto è esasperata attraverso il ricordo dei funerali, episodio devastante per i parenti della povera Enza che sono costretti a rifugiarsi nell'alcool. Il dolore lancinante, però, non annebbia l'acume del Commissario Ciambotto che, da buon tutore della legge, riesce ad accorgersi dell'eccessivo consumo di Peroni da parte di uno zio contrito ma non per questo astemio. Chiude la strofa un riferimento toccante alla misericordia di Dio che accoglie tutti, ma proprio tutti. 



Arrivasti al cimitero dove le vite son segnate
quella sala mortuaria ammnav vambate di cime di rape
il becchino diede al volo quattro colpi con la pala
ti mettemmo sotto terra perché eri una cozzala
ma poi tua madre, quell'ebrea,disse "mo vengo, un attimino"
e andò a fregare i fiori da quel morto tuo vicino
e rimasi con te solo, cercai un verso con la rima
io sto molto meglio mo, di com'è che stavo prima. Enza, Enza.



Il cimitero: luogo del dolore, amato da Foscolo e Pascoli, reso sacro dai cipressi e dalla memorabile scena di Frankenstein Junior assume qui una connotazione familiare, quotidiana: la sala mortuaria restituisce l'odore delle cime di rapa, così tipico nelle cucine pugliesi. Per Ciardo la morte è un evento tragico e quotidiano, che non trasfigura la realtà di una moglie tamarra (cozzala), né di una suocera tirchia e cinica. La morte, per l'angosciato vedovo, non è solo un dolore atroce, ma anche un profondo senso di vuoto che, tutto sommato, si può anche riempire.

1 commento:

  1. Stupenda. Il tipo di esegesi che vorrei leggere sempre. Con "Enza" in sottofondo come sto facendo ora. 😄

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