domenica 10 maggio 2015

Episodio 14: TU CON LA MIA AMICA - Maria Grazia Impero

Sanremo è Sanremo, c'è poco da fare. Io lo guardo ogni anno e ogni anno seguo anche tutte le critiche e i pettegolezzi ad esso connesso, un po' perché credo che sia uno spaccato interessante del nostro Paese e un po' perché a febbraio non si ha molto altro da fare. Quello che ho notato in questi anni è che l'unica costante nelle edizioni degli ultimi 15 anni è la seguente critica: "EH MA NON DATE ABBASTANZA SPAZIO AI GIOVANI"...bene, è giunto il momento di difendere a spada tratta i vari direttori artistici della kermesse e lo faccio con un esempio folgorante.


 Edizione 1993, un pimpante Pippo Baudo dava molto spazio ai giovani, e sul palco dell'Ariston appariva lei, Maria Grazia Impero: animo rock, vestiti alla Jhon Wayne e movimenti alla Bruce Lee che balla il boogie-woogie, che gareggia con un testo scritto da Enrico Riccardi (autore - per Loredana Berté - di frasi del calibro di "non so il tuo nome ma è lo stesso/ti chiamo S.E.S.S.O" nel1974). Pensate che questo brano parve troppo anche alla sfrontata Loredana ma il suo autore non si arrese al rifiuto e aspettò pazientemente per vent'anni sognando un riscatto per la sua creatura. Beccatevela:


Se siete riusciti a guardare il video e a non avere crisi epilettiche o danni permanenti al sistema nervoso, mettetevi alla prova e leggete anche il testo:

Salto sul ciclomotore 
Per dirti non sei più il mio amore 
Calci sopra la porta 
Per dirti che io no, non sono morta 
Voglio sentirti guaire come un cane 
Che ha fame, che ha fame 

Si sa, donne e motori sono da sempre un'accoppiata pericolosa. Soprattutto se la donna in questione ha un movimento d'anca da far invidia ad Elvis e la grazia di Chuck Norris. Si sa anche che le relazioni spesso sono complicate e ci sono momenti in cui a portare avanti un litigio non bastano le parole, ma ci vogliono i calci sopra le porte. Di donne violente è piena la canzone italiana: dalla Pavone che dava una simpatica martellata in testa alla ragazza di J-Ax che c'ho fatto la lotta, ho una costola rotta, ma lei è qualcosa in più: lei è sadismo allo stato puro. Voglio sentirti guaire come un cane farebbe venire i brividi a Darth Vader.

Sento una morsa bestiale 
Io devo dirti sei un animale 
Tu non puoi chiudermi in gabbia 
Urlarti devo tutta la mia rabbia 
Guardami in faccia non sono una madonna 
Sono donna, hey sono donna 

La rabbia della donna assume connotazioni zoomorfe (il cane della strofa precedente, ma anche bestiale, animale, gabbia, rabbia) tutte in posizione rimica. L'autore dunque, insiste su questo paragone, quasi a volerci dire che il tradire la fiducia del partner in una relazione porta ad una disumanizzazione del fedifrago il che rappresenta un passo ulteriore rispetto alle posizioni di Jo Chiarello in Che brutto affare (Episodio 1) che si limitava a relegare il fidanzato birichino da super-man a man.

Tu con la mia amica 
La migliore amica mia, no, no 
Tu con la mia amica 
La migliore amica mia, no, no 
Lasciala stare 
Non la toccare e vieni qui, hey vieni qui
L'efferata rabbia della nostra Maria Grazia si spiega dal momento che il tradimento è duplice: come enunciato dal titolo sul traditore pesa l'aggravante "migliore amica di lei" il che rende automatica la solidarietà femminile con la povera ragazza, improvvisamente riusciamo a perdonarle l'ugola alla Ligabue degli esordi e capiamo persino il frenetico balletto che richiama alla menta le indimenticabili scene di Kill Bill Vs gli 88 folli o i peggiori video di zumba del nostro millennio.

Hula hula hoop, hula hula hoop 
Guardami 
Hula hula ho op, hula hula ho op 
Sentimi 
Hula hula ho op, hula hula ho op 
Pentiti 
Hula hula ho op, hula hula ho op 
Chiamami 

Ok, la musica italiana e internazionale ci ha da sempre propinato motivetti senza alcun senso, basti pensare al "trottolino amoroso du du da da da" di Minghi/Mietta, o ai damdadiamda di Irene Grandi o dei vari uakadì uakadù o wacciu wari wari...ma qui si esagera. Cioè... va bene il trash, va bene tutto...ma qui mi avvalgo del diritto di non commentare.

Io non so darmi più pace 
Le mani come artigli di un rapace 
Voglio graffiarti nei fianchi 
Bastardo come ce ne sono tanti 
Non mi chiamare angelo bruno 
Io non fumo, lo sai non fumo 

Questa strofa dovrebbe entrare nelle Antologie per le scuole: ha in sè assolutamente tutto e anche qualcosa in più: abbiamo l'attingere al lessico animale che abbiamo già spiegato (rapace); abbiamo la violenza fisica (graffiarti nei fianchi) e psicologica (la rima imperfetta fianchi/tanti); abbiamo la sottile critica all'universo maschile (bastardo come ce ne sono tanti), abbiamo l'intromissione nella vita di coppia con tanto di soprannomi dolci (angelo bruno) ma soprattutto abbiamo anche un interessantissimo dettaglio inerente alla condizione dell'apparato respiratorio della Impero. 
In conclusione mi sembra di ricavare da quest'ennesima esternazione della sofferenza umana, che le paturnie amorose possono essere davvero atroci. Purtroppo non ci resta che rassegnarci al fatto "che non si muore per amore è una gran bella verità" ma il problema nasce quando i superstiti si danno all'hula hula ho op!!!