domenica 12 febbraio 2017

EPISODIO 22: IL PEGGIO DI SANREMO 2017


Cari amici trashisti, come sapete per me il mese di febbraio ha un senso solo per via del Festival di Sanremo: lo aspetto trepidante perché è l'unico momento dell'anno in cui il mio interesse per le canzoni brutte non solo viene socialmente accettato, ma viene anche legittimato da campagne mediatiche e isterismi collettivi. Durante i giorni di Festival in molti mi chiedevano dei commenti e dei pareri, ma essendo una professionista, ho preferito aspettare che le canzoni sedimentassero un minimo nella mia mente, perché è facile riconoscere al primo ascolto una canzone bella, ma con quelle brutte è sempre più difficile.



A qualche ora dalla fine dei giochi, però, posso finalmente condividere con voi le mie riflessioni. Ecco la classifica delle più belle canzoni brutte di Sanremo 2017. Ovviamente queste non sono tutte le canzoni brutte di Sanremo, e forse non sono neanche le più brutte....ma sono quelle che  meritavano un po' di attenzione e di analisi testuale:

6) TOGLIAMOCI LA VOGLIA (Raige e Giulia Luzi)

E' un peccato dover inserire questa canzone in classifica...perché le premesse erano ottime...infatti sicuramente di questo brano dovremmo apprezzare la struttura innovativa ed eccentrica: è il primo caso di canzone-indovinello sul palco dell'Ariston:

Cosa c’è che non hai che vorresti avere
Cosa c’è che ti vuole e lo lasci andare
Cosa c’è che ti tocca e non puoi toccare
Cosa c’è che ti frena e c’è da saltare.

L'unica nota negativa (no, scherzo...di note negative nella canzone ce ne sono parecchie!) è che non sono riuscita ancora a risolverlo...ma si accettano suggerimenti nei commenti!

 5) DO RETTA A TE (Nesli & Alice Paba) 

La mia amica Sabrina non la prenderà troppo bene ma tra le canzoni brutte di questa edizione c'è sicuramente il duetto tra il suo adorato Nesli e la giovanissima Alice Paba. Non tanto per il testo in sé e per sé, quanto per la fastidiosissima fiera di U tronche nel ritornello: parliamoci chiaro: non ci sono tutte queste U neanche nel lessico di un bambino di 16 mesi (che di solito è un tripudio di tutù, pupù e cucù):

Tuuuuuuu
se questo è il senso lo sai tuuuuuuu
Quello che cerco non c'è piùùùùùùùùùù
Restare uniti in questa vita e ricomincia quando è già finita
Tuuuuuuuuuuu
dicevi non ci penso piùùùùùùùùùùùùùù
Volevi il cielo sempre bluuuuu
la notte è lunga un giorno e io non torno mai, do retta ai guai che mi hai dato
(indovinate chi? esatto!)
tuuuuu


4) IL CIELO NON MI BASTA (Lodovica Comello)

In realtà non è una canzone oggettivamente brutta (c'è di peggio, o di meglio...che dir si voglia), ma ci sono tre elementi che ledono gravemente il mio già fragile sistema nervoso:
1) I gorgheggi che starebbero bene solo in un cartone Disney stile Mulan (ringrazio la mia amica Anna per aver colto l'assonanza al primo ascolto)
2) La frase: giusto il tempo di farci male e andare via di schiena...perché dovrebbe essere chiaro che l'unico che può andarsene via di schiena in una canzone è Claudio Baglioni (Mille giorni di te e di me, ndR)
3) La semplice constatazione che la deriva dell'ambizione umana ci ha portato dal non voglio mica la lunail cielo non mi basta. Ridimensioniamoci un attimino, su!

3) LA PRIMA STELLA (Gigi D'Alessio)

Appena ho letto il suo nome tra i partecipanti al Festival mi sono accesa d'emozione: mi aspettavo grandi cose da lui e diciamo che ha soddisfatto le mie previsioni: poteva fare di meglio, certo, ma il podio non glielo toglie nessuno. Questa canzone - così come quella di Albano -  riassume bene alcuni luoghi comuni e banalità tipiche di un certo modo di scrivere testi. Qui, ad esempio, si parla del ricordo di una persona scomparsa e si tirano in ballo le rughe, gli anni che passano, le fotografie da accarezzare, i sogni da inseguire, le stelle accese ecc ecc (NB. A breve su questi schermi un approfondimento sul tema dell'astrologia e della meteorologia nella canzoni di D'Alessio). Tuttavia qui la situazione si complica perché la canzone entra a far parte di una sottocategoria molto precisa che è quella della cosiddetta canzone oculistica: Aveva iniziato Renato Zero con "ti darei gli occhi miei per vedere ciò che non vedi" ed era riuscito a rendere bene un concetto molto poetico e delicato. A rovinare il tutto, però, ci avevano già provato i Sonohra con "l'unica certezza è gli occhi che io ho di te". Ora Gigi rincara la dose con il suo "Vorrei gli occhi tuoi nei miei"...ed io potrei commentare in mille modi ma non aggiungerei nulla a quello che dissero gli Elio e Le Storie Tese proprio ai Sonohra nel corso del dopofestival più bello della storia..e cioè: "Tutta questa gente con gli occhi degli altri...Perché?"

2) DI ROSE E DI SPINE (Albano)

Premessa: io solitamente sono abbastanza fiduciosa nella statistica ma la lunghissima carriera musicale di Albano e l'assoluta assenza di brani interessanti nel suo repertorio, mi porta a rimettere in discussione questa scientifica certezza. Detto ciò, per me questa canzone è particolarmente interessante perché si presta ad essere usata addirittura a scopi didattici: potrebbe essere considerata la canzone manifesto di un'epoca, la summa dei cliché delle canzoni d'amore sanremesi. Infatti nella canzone d'Albano ci sono le parole cuore e amore, si paragona l'amore ad una rosa con le spine,  ad un mare infinito, ad un sole che non tramonterà, ad un fuoco che non si spegnerà, ad una vita che non basterà... e un sacco di altre cose che finiscono in A accentata, tipo che l'amore non si fermerà, combatterà, vincerà, resterà, ballo del qua qua e via discorrendo! 



1) NEL MEZZO DI UN APPLAUSO (Alessio Bernabei)

Piazzo questa canzone al primo posto della classifica delle canzoni brutte di Sanremo perché mi preme portare l'attenzione su un tema sociale. Sinceramente mi ha sconvolto sapere che questa canzone non abbia destato particolari clamori e inquietudini dal momento che mi sembra chiaramente contenere le confessioni di uno stalker/maniaco sessuale. Leggiamola insieme... inizia così:

Stanotte ho aperto
Uno spiraglio nel tuo intimo
Non ho bussato
Però sono entrato piano.

A questo punto, il cantante - evidentemente respinto dall'amata - si dice:

Aspetterò che tu ti senta un po’
Più al sicuro,
Nel frattempo ti canto
Una canzone al buio.

Davvero un'ottima strategia Signor Bernabei. Complimenti.

Forse ci sarebbe altro da dire ma domani è lunedì e questa magica settimana sanremese volge al termine. Grazie Sanremo, grazie Liguria, grazie Italia. Per qualche giorno mi sono sentita una persona normale...e tutto questo lo devo a voi! 


giovedì 12 gennaio 2017

EPISODIO 21: IO SONO MIO PADRE - Wecherù

Cari amici musicofili e musicantropi, dopo i bagordi di capodanno - rigorosamente trash (vedi EPISODIO 20) - questo 21 esimo episodio è una puntata sui generis, un po' quello che in gergo giovanile si definirebbe un off topic: contrariamente al solito, sarà infatti dedicato alla recensione di un intero CD e non di un singolo brano. Inoltre farà a meno delle mie solite analisi testuali per il semplice motivo che di testi non ne abbiamo.  Io sono mio padre è il titolo (di vaga starwarsiana memoria, per giunta!) di un mini album: 6 tracce strumentali in cui il protagonista assoluto è un handpan che di volta in volta si lascia impreziosire dall'arpa celtica, dal pianoforte, dal violino, dal violoncello. Potrei raccontare un sacco di storie poetiche ed affascinanti sui motivi per i quali ho deciso di recensire questo disco: potrei raccontarvi che la magia di ritmi ancestrali e poetici ha scosso il mio animo cinico o che le melodie evocanti natura e posti esotici hanno scaldato la mia voglia di musica bella, che poi è sempre il punto di partenza per l'analisi di quella brutta...potrei raccontarvi tutto questo, senza neanche mentire...ma preferisco dirvi esattamente come è andata:

Wecherù è un musicista che spero vi verrà voglia di conoscere, ma è anche Enrico, o semplicemente "Enrì": protagonista leggendario delle peggiori bravate che possiate immaginare, casinista con pochi rivali, con un passato da batterista-rumorista, entusiasta giocatore di risiko, padre fondatore del Pasquettesimo e del Ferragostismo in comitiva...nonché uno dei pochi per i quali rischio ancora la gastrite in interminabili scambi di vedute in cui - ovviamente - alla fine ho sempre ragione io, ma lui non se ne accorge.

Per farvela breve, questo iperattivo figlio di Satana mi chiama dicendomi:

"Visto che ormai sei un'esperta di musica brutta...che ne diresti di recensire il mio cd?".

E ad una lusinga del genere non potevo che farmi corrompere.


Ovviamente recensire il lavoro di un amico è difficile: c'è il rischio di non essere oggettivi (e non per forza in positivo, aggiungerei) ma qui è stata chiamata in causa l'Elisabetta esperta di canzoni brutte..dunque sono soggetta al  severissimo codice deontologico dei blogghisti della domenica....pertanto farò appello a tutta la mia professionalità, pena la forca. (Senza contare che - parafrasando gli EELST -   la legge prevede una pena aggiuntiva per questo reato: l'ascolto forzato di ecc ecc...).  Per capire di cosa stiamo parlando, potrete ascoltare alcuni dei brani contenuti nel disco direttamente su questa pagina facebook...


ma, se proprio volete essere dei bravi bambini...sto disco ACCATTATIVILL'!. . E ora passiamo alle cose serie: io non sono un'esperta di musica e il mio unico talento è quello di essere un'attenta ascoltatrice. Non sono un critico musicale e non mi sognerei mai di esserlo, anche perché in fondo la cosa bella della musica è che possono capirla tutti. Proprio tutti. A patto di essere disposti di assecondare  e capire le proprie sensazioni durante l'ascolto...ed è quello che ho cercato di fare ascoltando le tracce di Io sono mio padre:

1) Tay- Scioguup

A mio modestissimo parere, questo brano è uno degli anelli deboli del disco: di solito l'entrée dovrebbe lasciar pregustare l'atmosfera delle tracce seguenti, questa invece mi pare non renda giustizia al resto. La mia sensazione è quella di un bambino che si trova di fronte ad un giocattolo nuovo e inizia a studiarlo, sperimentarlo, tormentarlo...per capire cosa possa venir fuori. Questo potrebbe non essere il risultato migliore...ma quando un bambino inizia a capire come funzionano i giocattoli...non lo fermate più!
2)RoseSunrise

Una canzone d'amore delicata, ma allegra, per una donna importante, la più importante. L'atmosfera che percepisco è quella di una mattina assolata...che albeggia timida ma che si rivela effervescente.  L'affettuoso ringraziamento di un figlio a una madre che inizia in punta di tasti (di pianoforte) e nel tragitto acquista velocità, come se quel bambino di cui sopra stesse affrontando il passaggio dal dover essere cullato al dover essere rincorso, sgridato, fermato...ma non troppo, si intende.

3)Sognando

I sogni ci appartengono: sono il modo che il nostro io più profondo sceglie per comunicare con la superficie e viceversa. Tuttavia di questa comunicazione riusciamo a percepire solo dei frammenti i confusi a partire dai quali cerchiamo di tenere insieme qualcosa di impalpabile eppure estremamente concreto: qualcosa di simile ad una melodia che non ha niente di logico o razionale, ma che cerca disperatamente di tenere a mente sensazioni spontanee, forse inconsce... Sognando a me restituisce la sensazione del confine...come quando, da svegli, cerchiamo di ricordare il sogno appena dissolto.

4)The last night in Doolin

E' stato ascoltando questo brano che ho deciso che avrei acconsentito a snaturare (solo per questo episodio, sia chiaro!) la filosofia del mio blog: è un pezzo bellissimo, una tradizionale ballad irlandese riarrangiata per handpan e arpa celtica. Io ci sento dentro prati, cieli e scogliere, ragazze con gli occhi verdi e affusolati, una manciata di stereotipi, un po' di birra e tanto, tanto oceano freddo e spumoso. Ora non voglio fare la poetessa smielata da quattro soldi...ma diciamo che è una di quelle canzoni che ti fanno venire voglia di cliccare Bologna-Dublino sul sito della Rayanair! 

5)Arabian Calabrian

La terra di Calabria avrebbe mille storie da raccontare: presenze greche e romane, bizantine e normanne. In questo brano si racconta il mescolarsi di ritmi arabi, suggestioni calabre e viceversa. Za'tar e peperoncino: Non siamo poi così diversi. Non siamo poi così lontani. Non siamo poi così cattivi.

6)Knockardaking

Poco lontano da Doolin, ci sono le scogliere di Moher di cui Knockardaking è il precipizio più profondo. Il punto che i romantici avrebbero definito "sublime", la maglia nella rete in cui la bellezza della natura si aggancia alla sua forza devastatrice: troppo grande per essere controllata, troppo profonda per tener conto dell'ostinata, ridicola prepotenza degli uomini. Forse con un titolo del genere mi sarei aspettata qualcosa di più prepotente... invece si tratta di un pezzo con un ritmo allegro e spensierato che però procede acquistando velocità, come un tamburello che, lanciato da Knockardaking, si tuffa nell'oceano. 

domenica 1 gennaio 2017

EPISODIO 20: CAPODANNO TRASH - Immortadell

Dopo il lungo silenzio dovuto alla censura della casta, ai poteri occulti, ai signori della guerra e ai re che spadroneggiavano su una terra in tumulto, finalmente ho il tempo (giornata di recupero post sbronza) e il modo (il pc di mia madre) per aggiornare il blog. E come tutti i ritorni, anche questo deve essere in grande stile: La puntata è dedicata al capodanno, a questa giornata carica di bellissima energia, di spumante, zamponi&lenticchie e liste di buoni propositi. Capodanno trash è il titolo del brano, gli autori sono gli Immortadell. Invece di parlarvi di loro facendo un copia-incolla delle notizie trovate sul web, vi rimando direttamente alla loro pagina facebook e vi invito a scoprirli aggiungendo semplicemente che poche volte ascoltando una band ho avuto la sensazione che divulgare i loro brani fosse una missione, e questo è esattamente uno di quei casi. Ovviamente non vorrei fare paragoni azzardati ed eccessivamente lusinghieri, ma alcune delle loro canzoni (segnalo Spermatozombie) potrebbero trovare un dignitoso posticino in una playlist a base di Squallor, Atroci e Prophilax.
 
 
 
In questo caso ho deciso che non farò una traduzione letterale del brano, ma mi limiterò a impostare una sorta di parafrasi perché non vorrei mai banalizzare la forza espressiva ed espressionistica di questo capolavoro del trashmetal. Ora sedetevi, respirate e premete play.
 
 
CAPODANNO TRASH
 
mamm e quand è tog
staser ijm au cenon
tutti nzim all'amic
facim a ricotta sopr a e uaglion
c'assettam au tavulin e c magnmm u zampon
u zampon chi lenticchij,
sgurruttjam vevenn a peron
e po tutt au cess a vumcà u capiton
 
Che meraviglia: stasera andremo al cenone, apprezzeremo la compagnia degli amici e soprattutto delle amiche. Siederemo a tavola gustando i cibi della tradizione e bevande locali. E mostreremo in maniera inconfondibile di aver gradito gli uni e le altre.
 
mamm che capodann
finch' arriv u spumant
c'ambriac'm a caten
nun capim chiù nu cazz
zumbam sop i tavul
cu pingon'n man
 
La festa inizia a decollare e iniziamo a lasciarci andare all'allegria e a toccare con mano la nostra soddisfazione personale.
 
mendr l'at vann a ballà
sputam aind ai piatt
d chi c stac sop u cazz
è arruata a mezzanott
un,duji e tre rintocc
augurij a te e a mammt
a padt, a sort, a ziant,
a quanda chitestramurt ca tin!
 
Mentre gli altri ballano, noi risolviamo alterchi in maniera matura ed equilibrata. Allo scoccare della mezzanotte ci prodighiamo nei consueti auguri "a te e in famiglia", senza dimenticare nessuno. Proprio nessuno.
Mamm che trash d capodann
u ciann è bell madonn!
 
Perbacco: quante emozioni in questo capodanno sopra le righe! Ricordiamoci sempre di apprezzare le cose belle della vita che sono il vero motore del mondo.


venerdì 19 agosto 2016

EPISODIO 19: ANDIAMO A COMANDARE - Fabio Rovazzi

Alle soglie dell'ultima decade di agosto io inizio a tirare le somme di queste vacanze: Si sa che da sempre l'accoppiata estate/musica offre tantissimi spunti di riflessione. Per molti di noi l'estate è un momento di svago (Un'estate al mare - Giuni Russo), di sport estremi (Pinne, fucile ed occhiali - Edoardo Vianello), di dubbi amletici (Ignudi fra i nudisti - Elio e Le Storie Tese), di rimpianti (L'estate sta finendo - Righeira), di disagio (Odio l'estate - Martino Bruno) eccetera eccetera... Insomma ognuno attribuisce alla bella stagione la propria sfumatura e accorda i pomeriggi assolati alle armonie del proprio animo. Almeno così dovrebbe essere, ma non sempre è possibile: puntualmente laggentechehailpotere (Sveglia, sveglia!), ossia quel pericoloso clan formato da meschini capovillaggi, animatori, gestori di bar e discoteche e preadolescenti invasati, pretende di decidere quale sarà il vostro umore per tutta l'estate. E questa estate ha due sole sfumature: Sofia - Alvaro Soler e Andiamo a comandare (Fabio Rovazzi). Ora, per pudore tralascerei per un attimo i ritmi latini e passerei al fenomeno della primavera-estate 2016.


Fabio Rovazzi è un ragazzo di Lambrate che ha talento nel videomaking e molta autoironia. Il suo successo stratosferico prende le mosse dallo zoccolo duro degli Axfedisti  che ha alle spalle (i seguaci di J-Ax e Fedez), cui aggiunge una manciata di pseudoindie convertiti ala nobile arte del trash. La sua canzone è apparentemente un motivetto orecchiabile e sconclusionato...ma non è solo questo! Ormai lo sapete che non è mai "solo" questo! Passiamo all'ascolto:
             
                                                      ANDIAMO A COMANDARE

Ma guardi Signor Rovazzi
Ho in mano qua la sua cartella
E devo dirle che tra tutti i valori
Le è salito l'andare a comandare...
Mi spiace

L'imbarazzante cameo di Fedez nel video di Rovazzi è  in realtà un chiaro riferimento all'inferno dantesco, ma andiamo con ordine: Nel video del singolo Non c'è due senza trash, Fedez aveva costretto il povero Rovazzi a interpretare la parte di un ignavo dell'antinferno - facendolo correre nudo e senza motivo - con la scusa di citare i Blink di What's my age again?. Qui Rovazzi si vendica facendo interpretare a Fedez un inquietante Minosse che diagnostica la pena attorcigliando lo stetoscopio. Ma restiamo sul pezzo:

Ho un problema nella testa funziona a metà
Ogni tanto parte un suono che fa
 (musica da ballare con le mani in aria)
E ogni volta che mi parte, situa imbarazzante
Come quella volta che stavo al ristorante e
"Posso offrirti da bere?"
Lei dice
"Va bene"
Solo che quando le passo il bicchiere
(vedi sopra)

Rovazzi ci parla di un disturbo molto delicato e ancora poco studiato: una semiparesi cerebrale che causa allucinazioni sonori e crisi epilettiche. Purtroppo questa patologia rende più difficile al nostro amico rapportarsi con il mondo e in particolare con il gentil sesso. Per un approfondimento su questioni delicate come queste consiglierei ai nostri lettori di recuperare l'episodio dedicato a Io SONO UNA SEDIA, di Juda Stronzlover, che rappresenta la felice testimonianza di chi, tra mille difficoltà, è riuscito ad accettare i propri deficit e a ritrovare un'identità sociale. Stilisticamente apprezziamo l'introduzione del discorso diretto e l'utilizzo di abbreviazioni (situa per situazione) che danno una connotazione giovanile e spontanea all'intero brano.

È una malattia
È pericolosa
Statemi lontano, è contagiosa!

Informare e promuovere la prevenzione è importante. Rovazzi ha provato ad avvisarci ma il suo messaggio è stato ignorato dalla ggentechehailpotere di cui sopra ed ora pagheremo i rischi del contagio.(Oltre a quelli  causati da rettiliani, antivaccinisti, antibioticodipendenti e fruttariani: è veramente un mondo difficile).

Non so se son pazzo
O sono un genio
Faccio i selfie mossi
Alla Guè Pequeno
Non mi fumo canne
Sono anche astemio
Io non faccio brutto
Ma...

Il riferimento a Gue Pequeno nasconde una riflessione profondissima sulla società attuale. L'aneddoto è questo: due youtubers incontrano per strada il rapper, di cui sono fan e chiedono un selfie. Per tutta risposta il rapper fa quello che i rapper devono fare per contratto: fare lo stronzo, essere scorbutico, avere la faccia da cattivo, sopravvivere al Bronx, scattare la foto senza preoccuparsi di come sia venuta ecc ecc. I due youtubers ci restano molto male e sputtanano pubblicamente l'arroganza di Gue. Morale della favola: Quando gli uomini con i followers incontrano un uomo con i fan, l'uomo con i fan è un uomo mosso! Per il resto Rovazzi prende posizione su temi scottanti: è contrario a quegli atteggiamenti autodistruttivi che i giovani di ogni decade mettono in atto per esprimere il loro sentimento di ribellione: lui ci insegna che l'anticonformismo può passare per altri canali. Concetto, tra l'altro, già espresso da Fedez in una canzone che qui viene elegantemente citata (Faccio brutto, ndr).

Col trattore in tangenziale
Andiamo a comandare
Scatto foto col mio cane
Andiamo a comandare
In ciabatte nel locale
Andiamo a comandare
Sboccio acqua minerale...

Ed eccoci al fulcro del tormentone dell'estate, l'inno all'anticonformismo che ha infiammato le piste da ballo negli ultimi 4 mesi, il manifesto del partito fancazzista e molto, molto di più. Il trattore in tangenziale è una chiara metafora delle contrapposizioni più interessanti del nostro tempo: lentezza/velocità, campagna/città, lavoro/ozio, utilità/status symbol...senza contare che si cita en passant anche il giallo di Avetrana, uno dei casi più inquietanti degli ultimi palinsesti. Il riferimento alle foto con il cane, invece, può essere letto come un invito al rispetto per gli animali: un monito a non abbandonarli per strada durante l'estate. Ricordiamoci che gli animali non hanno nessuna colpa e checché se ne dica...né cani e né porci hanno mai inciso hit dell'estate! Le ciabatte nel locale rappresentano la rivendicazione della propria individualità, la non accettazione alle regole del buon o del malcostume. Qui si prende posizione sull'attuale questione burkini e lo si fa a favore della libertà del singolo e di un sano rapporto con il proprio corpo, non vincolato a questioni religiose o di genere.Sull'acqua minerale...beh che dire? è un'evidente provocazione: una critica a tutti quei servizi dedicati dai telegiornali mediaset alla problema della sopravvivenza alla calura estiva. Insomma, Rovazzi fa un vero e proprio riassunto della contemporeneità che utilizza globalizzazione e disinformazione per poter "andare a comandare".


E ho la testa che gira, come il kebab
Spengo la musica dentro il tuo club

 A rafforzare quanto detto finora, si aggiunge la bellissima immagine del kebab che diventa metafora di un pianeta che gira se stesso senza requie e che spera di salvarsi dall'autodistruzione.

"Rovazzi, ma che cazzo fai!?"

 Ecco, al di là di quanto detto finora...direi che questo è esattamente quello che ci chiediamo un po' tutti.

lunedì 8 agosto 2016

EPISODIO 18 - E CHI SE NE FREGA - Marco Masini

Alla fine dell'episodio speciale sulle cover italiane imbarazzanti di brani internazionali, ho constatato che tutti hanno sentito la mancanza di un brano in particolare. Il brano in questione io l'avevo menzionato in una sorta di Antinferno della classifica vera e propria e questo perché avevo dato per scontato che nessuno di voi avrebbe voluto nuovamente imbattersi in questo pezzo....e invece no: tutti a dirmi che in fondo un posticino se lo meritava, che non ho voluto dedicargli una posizione perché avevo paura della sfiga ecc ecc. Beh, ricordatevi che io ho cercato di avvertirvi e di evitarvi questa agonia, ma che -d'altra parte- non mi sono mai arresa di fronte a nulla. Detto ciò, se segnalare canzoni brutte è un compito abbastanza facile io ho aperto questo blog per lanciarmi in una sfida assai più ardua: tentare di analizzarle e comprenderle, è uno sporco lavoro e non è assolutamente detto che qualcuno debba farlo, ma CHI SE NE FREGA.


E chi se ne frega è una cover dell'arcinoto brano dei Metallica: Nothing else matters: tanto amato da almeno tre generazioni di chitarristi alle prime anni per via di quell'intro che poteva essere suonato prima ancora di imparare gli accordi. Questo brano viene incluso in uno dei dischi meno fortunati di Marco Masini: Uscita di sicurezza, pubblicato nel 2001 e, sebbene abbia rovinato la vita a Masini, è opera nientepopo'dimenoche di Giancarlo Bigazzi. Molti miei coetanei potrebbero non provare particolari emozioni al leggere cotanto nome e questo perché, purtroppo, noi italiani non abbiamo memoria storica e non tributiamo abbastanza onori a chi li merita. A Bigazzi dobbiamo una grandissima fetta della musica italiana: non solo ha fatto parte degli Squallor, gruppo che - spero- non ha bisogno di presentazioni e commenti, ma ha anche collaborato alla stesura di testi cardine della storia della canzone nel nostro Paese. Citiamo en passant titoli immortali quali: Luglio, Lisa dagli occhi blu, Rose Rosse, Ti amo,  Montagne Verdi, Erba di casa mia, Gloria, Non amarmi, Gli uomini non cambiano...insomma se vi viene in mente una canzone italiana di un certo successo, molto probabilmente c'è lo zampino di Bigazzi. Beh questo era solo per dire che nel mondo delle canzoni brutte bisogna sempre stare sul chi va là, perché non ci si può fidare proprio di nessuno. Ma bando alle ciance. Eccola:


Lo so che il tempo lo sa
che siamo nascosti qua
in fuga dalla realtà
ma chi se ne frega.

La strofa è tenuta insieme dalla rima tronca in a e dall'uguaglianza sillabica dei primi tre versi. Il senso è ancora chiaro: l'autore è in compagnia di qualcun altro e i due cercano un rifugio, un'evasione della realtà. Sono, però, consapevoli che prima o poi il tempo (il mondo reale che obbedisce alle leggi della logica e del fluire del tempo) impedirà la loro fuga.

L'iguana dei passi tuoi
il tuo inguine di viva orchidea
dove annegano gli occhi miei
e il tempo si ambigua.

Venendo meno la rima (è molto debole perché richiamata in modo alternato solo dalle vocali finali), la strofa ha bisogno di un suono allitterante per tenersi insieme e l'autore opta per la G gutturale, obbligandosi ad utilizzare termini come iguana/inguine/annegano/ambigua. Ma questi termini sono lì a caso? Solo per discutibili ragioni stilistiche? A primo impatto sembrerebbe di si. Tuttavia potremmo fare uno sforzo interpretativo e leggere queste frasi riallacciandole alle descrizioni che nell'alta poesia si fanno della donna amata: non è inusuale che la tradizione poetica accosti alle figure femminili immagini animalesche (un esempio su tutti: A mia moglie, Saba) o vegetali (basti citare La pioggia nel pineto, D'Annunzio). Questo perché la donna rappresenta per molti poeti un simbolo della natura,  sia nel suo aspetto materno e rassicurante, sia in quello erotico e selvaggio. Ciò non toglie che quel tempo che si ambigua (lo stesso tempo che nella strofa precedente lo sapeva) continua a lasciarmi perplessa, ma forse è una speranza: se riuscissimo ad ingannare il tempo, potremmo restare fuori dal mondo.

 Io da qui non mi muovo più
abbracciato a una croce, tu
mentre il sole riallaga il blu
e chi se ne frega

Questa strofa (rima baciata in u accentata) confermerebbe l'interpretazione di quella precedente, ribadendo il concetto: le donna amata potrebbe rappresentare per il poeta l'unica strada percorribile per restare in questo limbo di irrealtà nonostante il sopraggiungere dell'alba (il sole riallaga il blu).

Voglio quello che vuoi tu
voglio il tempo che non ho
e l'avrò

Il tempo è l'elemento ricorrente del brano: prima rappresenta il problema da cui scappare, l'ostacolo da superare...per poi accorgersi che se ne ha bisogno ma che ci vuole più coraggio a cambiare la realtà che a sfuggirla.
il tempo ai cani e la polizia
spara ansia e dietrologia
fà che insegua la nostra scia
e chi se ne frega

L'immagine del tempo che rincorre assume maggiore concretezza: ora è rappresentato come una squadra di polizia con tanto di segugi, pronti a chiedersi il perché del loro sconsiderato gesto di fuga, ma senza capirlo veramente (ansia e dietrologia). Ma i due non sembrano preoccuparsene troppo.

Io da qui non mi muovo più
neanche se te ne andassi tu
su quest'erba che guarda in su
e sembra che prega.
Voglio quello che vuoi tu
voglio quello che vorrai
voglio vivere di più
voglio il tempo che non ho 
e l'avrò

Ora...io ci metto tutta la buona volontà: ci provo a prendere un testo che parla di iguane, orchidee e cani poliziotto e a renderlo credibile come testo poetico, ci provo a dare un senso alle simbologie oniriche, a contestualizzare i deliri da LSD di un paroliere che segue i metodi di lavoro di uno sceneggiatore de I Griffin, io ce la metto davvero tutta. Poi arriva un prega al posto di un preghi e vedi con lampante chiarezza l'assoluta vanità di tutti i tuoi sforzi. Forse è tutto un equivoco: forse quello da cui il poeta sta scappando me di cui ha bisogno non è un tempo, ma un modo: il CONGIUNTIVO!




domenica 12 giugno 2016

EPISODIO SPECIALE (2a PARTE) - COVER IMBARAZZANTI

Per festeggiare il superamento delle 10000 visualizzazioni ottenute dal mio blog, eccovi la vetta della classifica delle cover italiane più imbarazzanti della musica internazionale. L'episodio della scorsa settimana ha suscitato non poche perplessità...ma ora bisogna davvero fortificare gli stomaci. 
ATTENZIONE: l'autrice della seguente classifica non ha alcuna responsabilità penale circa gli effetti della lettura. In caso di crisi epilettiche sospendete immediatamente l'ascolto e contattate il vostro medico di fiducia.

5) MINO REITANO - DOLCE ANGELO

Un dolcissimo Mino Reitano reinterpreta la canzone-manifesto dei The Rubettes: Sugar Baby Love. Ad essere sinceri la versione di Reitano fa sorridere ma non è esattamente ridicola, però in questa classifica ho eletto questa versione di Mino a baluardo di tutti quei motivetti che erano accattivanti e giovanili nelle versioni anglo-americane e che in Italia diventano un tripudio di "uacciuuariuari", senza riuscire a rinunciare alle melodie tradizionali e alle voci rassicuranti. 



FRASE CULT: uacciuuariuari

4) GATTO PANCERI - ALLA PROSSIMA

Tra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90 sono nata io e una bellissima canzone dei The Cure: Lullaby, che raccoglie influssi rock, venature punk, aggressività elettrica e poesia gotico-grottesca. Tutte cose che ritroviamo nella versione di Gatto Panceri. Devo essere sincera: la canzone di Panceri non è orribile in sé...ma se pensiamo alla canzone e alle atmosfere che l'hanno ispirata, direi che la quarta posizione se la merita tutta.  


FRASE CULT: Alla prossima menata che mi fai, ormai lo sai, non ci casco più.


3) CRISTIANO MALGIOGLIO - TOGLIMI IL RESPIRO

Era il 1986 quando uscì nelle sale Top Gun, e mentre gli uomini si innamoravano degli occhiali a goccia e le donne si innamoravano di Tom Cruise, Malgioglio si innamorava di Take my breath away, colonna sonora del film firmata dai Berlin. Questo è il risultato.


FRASE CULT: Scioglimi col cuore tutto il mio sudore in più.


2)  GLEZOS E GLI UFO - PIOGGIA VIOLA

Prince se n'è andato e non ritorna più. Spero si sia addormentato serenamente, senza aver mai ascoltato questa versione della sua Purple Rain, dedicata al tema della friend-zone.


Mi sento di suggerirvi anche quest'altra versione in cui il Piero Scamarcio della già citata serie "Il Polpo" (vedere episodio 17- Enza) aggiunge un tocco neomelodico:



FRASE CULT: Non volevo essere il tuo amante di finesettimana

1) CARLA BONI & FRIENDS - MATTONI NEL MURO

Ho pensato per giorni a come avrei potuto commentare questa versione di Another brick in the wall e ho deciso che nulla sarebbe stato opportuno. Godetevi la regina indiscussa di questa classifica.


FRASE CULT: Maestro lascia i bimbi in pace dopotutto siamo dei mattoni nel muro

domenica 5 giugno 2016

EPISODIO SPECIALE (1a PARTE) - COVER IMBARAZZANTI

In ogni blog di musica trash che si rispetti, DEVE esserci una parentesi dedicata al mondo delle traduzioni - fatte da interpreti italiani - di brani internazionali. Ovviamente la traduzione in sé è un'operazione assolutamente lecita: può essere un dignitoso omaggio ma anche uno strumento attraverso cui far interiorizzare agli italiani (un po' pigri) la musica d'oltralpe. Penso ad esempio a Pregherò di Celentano, che rievoca la Stand By Me di Ben E. King, o anche alla Mina di E' l'uomo per me, che coverizza He walks like a man, cantata in originale da Jody Miller, o ancora alla celebre A chi di Fausto Leali, nata da Hurt di Roy Hamilton. Recentemente De Gregori si è dedicato alla traduzione di alcuni brani di Bob Dylan; Mia Martini, da sempre fan dei Beatles, si lanciò in numerose traduzioni - alcune molto belle - dei loro pezzi, godendo in qualche caso anche della collaborazione di Franco Battiato; un'altra grande donna della musica, Caterina Caselli, si è sempre divertita a riproporre mitici brani della storia del rock mondiale. E potrei continuare a lungo: la musica italiana degli anni '50/'60/'70 ha spesso trafugato e riproposto con intelligenza ed entusiasmo dei brani stranieri, portando in Italia suggestioni Rock e Pop e contribuendo al miracolo del Beat e del Prog... ma bando alle ciance... non siamo mica qui per parlare di bella musica! Dicevo: non ho assolutamente nessun pregiudizio nei confronti delle traduzioni...ma qui ho raccolto per voi delle cose assolutamente raccapriccianti che potrebbero cambiarvi la vita per sempre. Ovviamente ce ne sarebbero tante da aggiungere alla lista, ma ho scelto di omettere le più conosciute e già abbastanza vituperate, come ad esempio l'approccio di Masini ai Metallica (l'iguana dei passi tuoi, il tuo inguine di viva orchidea dove annegano gli occhi miei e il tempo si ambigua - E chi se ne frega/Nothing else matters -), o quello di Vasco Rossi con i Radiohead o, ancora, Simone che prova a devastare (riuscendoci) i Guns n'Roses. Insomma, tra tante, ho scelto davvero il peggio: ecco la top ten.

10) LUCIANO LIGABUE - A CHE ORA è LA FINE DEL MONDO?

In decima posizione finisce il cantante della mia adolescenza: l'ho amato contro tutto e tutti quando cantava di Walter il Mago, gli ho giurato fedeltà eterna ai tempi di Quella che non sei o Baby è un mondo super...poi però ha copiato l'intro di Sweet Child o' Mine e ha tagliato i capelli. Nei primi anni '90 ci regala una cover di Is the end of the world dei R.E.M. Non si tratta di una cover pessima, infatti il testo rispetta l'atmosfera frenetica, cinica e apocalittica del brano originale...ma l'arrangiamento è a tratti imbarazzante!




FRASE CULT: I puttanieri ci diano dentro, che di là niente ciccia, niente.

9) GIANNI PETTENATI: COME UNA PIETRA CHE ROTOLA

Bob Dylan è stato spesso preso di mira dai nostri connazionali (da qui potrebbe derivare il termine dilaniato: fatto a brandelli). Se neppure il grande Luigi Tenco di La risposta è caduta nel vento riesce a rendergli giustizia, qui Gianni Pettenati (il tipo di bandiera gialla, per intenderci) esagera:



FRASE CULT: Come si sta/ a far la pietra che/ sta rotolando giù?

8) NICOLA DI BARI - DAMMI FUOCO

No, non è un'esortazione, né un consiglio...ma è il titolo dell'omaggio che Nicola di Bari fa ai The Doors... ricordatevi di questa canzone la prossima volta che leggete su facebook o sui diari degli adolescenti delle citazioni improbabili di Jim Morrison.



FRASE CULT: Dammi fuoco e brucerò/ dammi amore e ti amerò


7) LORENZO JOVANOTTI & LUCA CARBONI: O è NATALE TUTTI I GIORNI

Molti ragazzi della mia generazione hanno imparato a suonare la chitarra sulle note di More than words, bellissima ballad acustica degli Extreme. Era veramente difficile da rovinare, eppure due cantanti che io stimo molto, ci sono riusciti...trasformando una tenera dichiarazione d'amore in una Bologna innevata e natalizia.


FRASE CULT:  E intanto noi ci mangiamo i panettoni. Il giorno che è nato Cristo diventiamo più ciccioni.
(e se oltre al panettone, vi va un goccio di spumante, vi rimando all'Episodio 16 con la Gesù Crì di Nino d'Angelo, ndr).

6) WILMA DE ANGELIS - DIMMI DI SI

In pochi anni Lady Gaga ha sconvolto il panorama musicale con l'eccentrità e il gusto per la provocazione...tutte cose che, risaputamente, ha in comune con Wilma De Angelis (di cui io ricordo un programma di cucina). Questa sua esibizione sulle note di Bad Romance è stata - e a ragione - il fenomeno mediatico del 2011. Riviviamo insieme quei momenti magici:


FRASE CULT: Dimmi, dimmelo di si.

E questa è solo la prima metà della classifica...presto scaleremo le inquietanti vette. Eventuali segnalazioni, suggerimenti, commenti, insulti e bonifici sono ben accetti! To be continued.